Pur essendo ricordato in un documento dell’XI secolo, il tempio giunto sino a noi, dal quale anticamente dipendevano tutte le chiese e le cappelle degli attuali comuni di Levanto e Bonassola, non è archeologicamente databile a prima del XII secolo.
E’ peraltro doveroso precisare che, essendovi un documento del 1077 in cui è citata la pieve medesima, è ragionevole supporre che anteriormente alla fabbrica pervenuta sino ai giorni nostri ve ne fosse un’altra più antica, di dimensioni minori, che fu distrutta per edificare la nuova.
In epoca barocca il tempio fu notevolmente ampliato e modificato. Vennero abbattute le tre absidi originarie per prolungarlo e far posto al coro ed all’attuale presbiterio, fu completamente intonacato e il tetto ligneo venne occultato dalla volta tutta decorata con dipinti.
L’interno è pertanto frutto della radicale rimozione, effettuata negli anni Cinquanta del XX secolo, di quasi tutto ciò che era stato sovrapposto col passare del tempo alle strutture medioevali. I possenti pilastri, che originariamente erano quasi certamente intonacati e dipinti, mostrano adesso i conci di pietra locale coi quali furono costruiti.
Dedicata a San Siro Galileo, la pieve, a forma basilicale, è a tre navate relativamente strette.
Il materiale da costruzione dominante è la pietra calcarea locale in conci sovrapposti, che, particolarmente nelle colonne, sembra assumere una diversa colorazione nei vari momenti della giornata. Tale materiale, unitamente alla tipologia dell’architettura, danno all’interno della chiesa una maestosità non comune.
Entrando nel sacro edificio dalla porta d’ingresso principale, all’inizio della navata destra si trovano murati alcuni antichi reperti, tra cui un capitello di marmo lunense rozzamente scolpito a bassorilievo con trecce e rombi, ed una lunetta in ardesia sulla quale è raffigurata la Madonna con Gesù Bambino, tra i santi Giovanni Battista e Siro. Anche il capitello trovato casualmente nel corso del restauro attuato negli anni Cinquanta potrebbe provenire dalla pieve primitiva.
In fondo alla navata, sull’altare marmoreo settecentesco a destra del maggiore, una Madonna lignea dipinta della bottega dello scultore genovese A.M. Maragliano (XVII-XVIII sec.). Secondo la tradizione popolare, a cui molti montalesi sono assai legati, la statua sarebbe stata eseguita direttamente dal Maragliano. Rifacendosi a notizie avute dai loro avi, affermano che, dato che nello stesso periodo il grande scultore genovese ne realizzò anche un’altra per la parrocchiale di Sant’Andrea, le due statue furono trasportate all’approdo di Levanto per via mare con la medesima imbarcazione. I Levantesi scelsero quella di dimensioni maggiori, che era destinata alla pieve di San Siro e lasciarono a quest’ultima l’altra. A questo punto ebbero origine una serie di proteste da parte dei fedeli di Montale, che cessarono solo quando questi ultimi furono assicurati, dal Maragliano stesso, che la loro Madonna era stata eseguita direttamente da lui.
Nella profonda abside, il bel coro ligneo intagliato, scolpito e tornito, d’ebanisteria locale della prima metà del Settecento. Lo stile è d’epoca barocca, anche se permangono motivi d’ambito tardo cinquecenteschi.
Nel presbiterio, l’altare maggiore settecentesco in marmo, decorato da foglie d’acanto dorate, preceduto da una balaustrata. Anche il pulpito è d’epoca barocca, al pari dell’altare in fondo alla navata sinistra.
Nella pieve sono conservate due tele attribuite dagli storici dell’arte ad altrettanti prestigiosi maestri della grande scuola del barocco genovese: una Pietà con i Santi Michele Arcangelo e Rocco (cm. 180x130), datata 1620 e attribuita a Giochino Asseterò, ed una Madonna in trono con il Bambino e due Santi attribuita ad Orazio de Ferirai.
L’opera d’arte più preziosa conservata nella sacrestia di San Siro è un calice in argento sbalzato, cesellato e dorato, di un argentiere genovese della metà del Quattrocento
La torre. Si tratta di un manufatto del XII secolo, completamente edificato in pietra calcarea locale, sulla cui parte terminale si trova la cella campanaria, di più recente costruzione (secolo XIX). Alcuni sostengono che nel punto in cui sorge la torre, già in epoca preromana, vi fosse una fortificazione facente parte di un sistema di avvistamento difensivo che dalla Liguria orientale raggiungeva la bassa Valle Padana. Al di là di tali pur affascinanti congetture, la torre pervenuta fino a noi, di forma quadrangolare, con muri dello spessore di oltre un metro, è costruita quasi completamente con conci disposti in corsi paralleli.